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Studiare una lingua straniera dopo i 50: un grande mito e una perdita di tempo?


Studiare una lingua straniera dopo i 50 anni

Nella nostra società è ormai radicata l’idea che imparare le lingue sia una sorta di “ginnastica per la mente” e un biglietto per un mondo nuovo e affascinante, dove magari al ricevimento del duca di Buckingham parliamo amabilmente con James Bond o con David Beckham come se fosse il nostro vicino di casa.

Personalmente, devo ammettere che per anni mi sono sentito a disagio quando, in Germania, qualcuno cercava di parlarmi in tedesco solo perché sembravo straniero. Una situazione strana: non potevo pensare che fosse scemo o che volesse prendermi in giro. La colpa, pensavo, era mia — balbettavo come un politico al processo di Mani Pulite, incapace perfino di urlare un semplice: «Hitler kaputt!»

Dopo quasi cinquant’anni passati a studiare lingue — francese, tedesco, polacco, inglese, italiano — ho avuto una rivelazione: imparare le lingue dopo una certa età è uno dei più grandi autoinganni, al pari dei buchi nell’ozono o delle polpette vegane alla carota.

Diamo un’occhiata lucida ai fatti. Dopo i 50 anni, imparare una lingua diventa spesso una lotta contro la propria natura.


Nessuna prova che faccia bene al cervello

Le dichiarazioni sul potere protettivo contro la demenza sono per lo più speculazioni. Una metanalisi pubblicata sul Journal of Neurolinguistics (2023) ha mostrato che chi inizia a studiare una lingua dopo i 50 anni non ha avuto miglioramenti significativi nella memoria o nell’elasticità mentale rispetto a chi, ad esempio, suonava uno strumento o risolveva cruciverba.


Una lingua senza immersione è un peso morto

Negli anni ’90 parlavo polacco come un madrelingua, poi mi muovevo bene in tedesco, negli anni 2000 anche in italiano. Ma con l’aumento del benessere e la standardizzazione globale, ho dimenticato quasi tutto quello che avevo sudato per imparare.

Le statistiche lo confermano: il 95% delle conoscenze linguistiche acquisite si perde entro 6 mesi senza pratica (Language Learning Journal, 2022). Se non vivi nel paese della lingua che studi, stai investendo centinaia di ore in qualcosa che evapora come il ricordo della cena di ieri sera.


L’era dei traduttori simultanei

Dispositivi come i Timekettle cinesi traducono in tempo reale più di 100 lingue con una precisione del 98%. Perché faticare a memorizzare “Dove si trova la biblioteca?” quando un gadget lo fa per te?


Il mito dell’inglese globale

A Parigi, solo il 28% dei camerieri e il 17% dei tassisti capisce frasi basilari in inglese (EU Language Survey, 2023). In Italia, trovi qualcuno che parla bene inglese solo a Milano, forse a Roma. Ma in Sicilia o in provincia di Bergamo il tuo “perfect present perfect” sarà accolto con un’alzata di spalle.


Bastano 50 frasi

Per viaggiare bastano 50-70 frasi utili:

– «Quanto costa?»
– «Dov’è il bagno?»
– «Mi serve un medico.»

Si imparano in una settimana. Ha senso passare anni a studiare coniugazioni verbali sperando in una “conversazione profonda” con un pescatore greco?

Un amico vive da 10 anni vicino a Los Angeles e non parla una parola d’inglese: «Ma con chi dovrei parlare? Sono tutti italiani o messicani.»


Isolamento sociale: la dura realtà

Anche nei paesi multilingue, gli over 50 integrati davvero nei contesti locali sono pochissimi (Annals of Sociolinguistics, 2021). I madrelingua non hanno voglia di parlare di Dante con il tuo italiano zoppicante. Preferiscono Google Translate. Di nuovo.

In ogni paese, sarai sempre percepito come “quello che viene da fuori”. A meno che non bevi. Curiosamente, quando si beve con un finlandese o un giapponese, alla terza grappa cominciate a capirvi a meraviglia.

Ricordo una serata in Germania, a Lubecca, dopo qualche bicchiere di calvados. Parlavo di Peppone e Don Camillo con dei tedeschi e ridevano così tanto che quasi si strozzavano con le salsicce.


Barriere fisiologiche di pronuncia

Dopo i 50, il cervello perde la capacità di distinguere e riprodurre nuovi suoni con precisione (MIT Neuroscience, 2022). Il tuo “merci” suonerà sempre come “mersi” all’italiana, provocando brividi ai francesi.


Il codice culturale conta più della grammatica

Un giapponese sorriderà al tuo «konnichiwa», ma un vero dialogo inizia solo se:

– Sai quando e quanto inchinarti.
– Conosci 20 modi per dire “no” senza usare la parola.
– Capisci i gesti nella cerimonia del tè.
– Sai cos’è il colpo unico nella scuola Yagyū Shinkage-ryū.

E questo non si insegna nei corsi “Giapponese in 3 mesi per pigri intelligenti”.


Economia del tempo

1000 ore a studiare una lingua = 250 sedute dallo psicologo = 50 corsi su come investire = 12 viaggi in Italia col frasario in tasca. Cosa porta più benefici?


La rivoluzione dell’intelligenza artificiale

I traduttori basati su AI già oggi:

– Scrivono poesie in swahili
– Ti assistono nelle visite mediche
– Negoziano contratti internazionali

Tra cinque anni, non avremo più bisogno delle lingue. Come non servono più i telegrafisti.


Il 90% abbandona prima del livello B1

Le piattaforme come Duolingo e Babbel lo sanno:
• Il 60% smette dopo il primo mese
• L’80% entro il secondo
• Solo il 5-10% arriva al livello B1 (intermedio)

Dopo i 50, la grammatica nuova, i vocaboli, gli accenti… sono uno sforzo immenso per un cervello meno plastico. E spesso la motivazione è romantica o estetica — non pratica. Risultato? «Ho iniziato, poi era noioso / difficile / non avevo tempo.»


Tanti soldi, pochi risultati

Il mercato mondiale dell’apprendimento linguistico ha superato i 60 miliardi di dollari nel 2024 (HolonIQ). Ogni anno 1,5 miliardi di persone iniziano a studiare una lingua straniera.

Ma tra gli over 50, la maggior parte non utilizzerà mai quella lingua per lavoro. Corsi, app, viaggi, insegnanti, libri — il ritorno sull’investimento è vicino allo zero. Non è un investimento, ma un’illusione di giovinezza. Il 99% dei “ritardatari” non arriva mai a parlare fluentemente.


Quindi?

Studiare una lingua dopo i 50 è una passione di lusso, come collezionare francobolli: divertente, ma inutile. È un biglietto per un “domani immaginario” dove parli cinque lingue, ma nella realtà investi in un sogno che spesso diventa frustrazione.

Molto meglio investire in ciò che funziona davvero: salute, memoria, comunicazione in italiano, buone abitudini.

Il mondo moderno ti permette di essere “globale” senza torturare la tua mente. Come diceva Seneca:

«La vita è abbastanza breve, se non la sprechi per cose inutili.»


Se proprio vuoi essere più efficace, dedica il tempo a:

A. L’educazione finanziaria (così paghi i traduttori).
B. La salute fisica (così viaggi di più).
C. La comunità (così lasci un segno più profondo di “so 10 parole in tailandese”).


P.S.
Anche i poliglotti, in vecchiaia, ricordano soprattutto la loro lingua madre.
Forse è davvero l’unica che vale la pena migliorare.


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