“In India, la lingua cambia ogni 20 chilometri.” Non è mica una battuta, eh—succede davvero. Giri l’angolo e bum, parli uno ‘hindi’ che sembra quasi un’altra lingua. Magari due persone che si dicono madrelingua hindi, ma provengono da regioni diverse, rischiano di capirsi a fatica—giuro, i dialetti sono roba seria da queste parti.
L’hindi sarà pure una delle lingue più parlate in India, ma in realtà? Esistono decine, forse centinaia di versioni locali. In questo articolo provo a spiegare un po’ più terra terra cosa sono questi dialetti, perché contano così tanto e, spoiler, come ti cambiano la vita di tutti i giorni laggiù.
Allora, cos’è davvero un dialetto?
Non è altro che una specie di “versione locale” di una lingua, tipo la pizza fatta in casa rispetto a quella della pizzeria: stessa base, ma cambia un po’ tutto, dalla pronuncia alle parole, dalla grammatica fino a come le frasi stanno in piedi. In posti come l’India, mica sempre questi dialetti esistono scritti nero su bianco, eh. Ma sono vivi, eccome se lo sono: si parlano in casa, tra amici al mercato, tra vicini di villaggio—insomma, sono il pane quotidiano della gente.
Hindi standard e dialetti
L’hindi ufficiale, insegnato a scuola, usato nei media e nei documenti statali, si basa sul dialetto khari boli. È considerato comprensibile ovunque.
I dialetti invece possono differire molto:
- utilizzano parole antiche provenienti dai prakrit e non dal sanscrito;
- hanno regole grammaticali proprie;
- conservano spesso forme di pronuncia arcaiche.
Quanti dialetti esistono?
Gli studiosi non hanno ancora una risposta unica. Secondo diverse stime:
- esistono circa 48 dialetti principali dell’hindi;
- ci sono centinaia di varianti locali, diverse da villaggio a villaggio;
- alcuni sono ormai riconosciuti come lingue a sé, come maithili, bhojpuri o rajasthani.
I dialetti più interessanti
- Braj Bhasha – lingua della poesia e di Krishna. Parlata nella zona di Mathura e Agra, famosa per la sua dolcezza.
- Awadhi – lingua epica, usata per il poema Ramcharitmanas.
- Bhojpuri – diffuso in Bihar, Uttar Pradesh e perfino in Nepal, Suriname e Trinidad, per via delle migrazioni.
- Chhattisgarhi – ricco di proverbi e canti popolari, parlato nello stato di Chhattisgarh.
- Haryanvi – diretto e vivace, tipico della regione di Haryana e di Delhi.
- Rajasthani – considerato da molti studiosi non un dialetto, ma un gruppo di lingue con tradizione scritta propria.
- Khari Boli – base dell’hindi moderno, lingua “neutra” insegnata a scuola e usata nei film.
Esistono anche varianti meno note ma molto vive, come il Bagheli, il Bundeli, il Kannauji o i dialetti montani del Pahari Hindi.
Quale hindi studiare?
Chi impara da zero sceglie lo standard, cioè l’hindi basato sul khari boli. È il più diffuso, documentato e insegnato.
La sfida della traduzione

Tradurre i dialetti dell’hindi è complesso perché:
- non esiste una grammatica standardizzata;
- lo stesso dialetto cambia da un villaggio all’altro;
- i testi contengono molti riferimenti culturali difficili da interpretare;
- i sistemi di traduzione automatica non funzionano bene;
- mancano specialisti, soprattutto per i dialetti rari.
Ad esempio, testi in Awadhi o Braj Bhasha sono pieni di arcaicismi e doppi sensi poetici, rendendo il lavoro del traduttore una vera sfida.
Dialetti e cultura moderna
- Nei film di Bollywood si usano spesso parole in bhojpuri, haryanvi o awadhi per dare colore o comicità.
- Nei centri urbani i giovani parlano un misto di hindi standard e dialetto.
- Nei villaggi i dialetti restano la lingua principale di comunicazione.
Paradossalmente, più ci si allontana dalle città, più vivo è il linguaggio.
Perché sono importanti?
I dialetti non sono solo parole. Sono:
- storia,
- mentalità,
- tradizioni,
- cultura.
La loro perdita significherebbe la scomparsa di un intero patrimonio culturale.
Conclusione
L’hindi, mica è una lingua unica, eh. È più come un mosaico di dialetti e modi di parlare che cambiano da città a città, o pure da villaggio a villaggio. Se impari i dialetti, vedi l’India vera, non quella tutta inamidatella dei manuali. Quella delle canzoni che senti per strada, dei racconti che ti sussurra la nonna e di chiacchiere al mercato—insomma, l’India che vive davvero.

